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Gli atleti Oakley hanno trionfato a Londra 2012

In centinaia i campioni che hanno affidato i loro sogni di gloria alle innovazioni Oakley

Oakley ha annunciato nei giorni scorsi che sono 107 le medaglie olimpiche vinte da atleti che hanno fatto affidamento sulle tecnologie dell’azienda per competere ai Giochi del 2012. Oltre 700 atleti di 205 paesi hanno affrontato le gare più importanti della loro carriera contando sugli occhiali Oakley più innovativi, come i modelli RadarLock™, Fast Jacket® e Commit®.

“Siamo orgogliosi della fiducia che così tanti atleti protagonisti di Londra 2012 hanno riposto nella tecnologia Oakley”, ha affermato Scott Bowers, Senior Vice President Global Marketing e Brand Development di Oakley. “Dopo anni di sudore e sacrifici, questi atleti si battono ancora e sempre con una grinta che va oltre i limiti della ragione, come la passione che spinge Oakley a realizzare il non plus ultra delle innovazioni ad alte prestazioni.”

Fornitore ufficiale del Team USA ai Giochi di Londra 2012, Oakley è la prima azienda produttrice di occhiali sportivi a diventare partner del Comitato Olimpico statunitense (USOC). Oakley ha inoltre dedicato molte risorse ed energie all’allestimento e alla gestione della sua Safehouse, espressamente pensata per offrire agli atleti un “rifugio” dove ritrovare la carica, rilassarsi e soprattutto ideare occhiali su misura per le loro esigenze sportive individuali.

“Da sempre Oakley cerca di spingersi oltre ogni limite e di ridefinire la sfera del possibile per chi tenta l’impossibile nello sport”, ha proseguito Bowers. “Osiamo sfidare la ragione per realizzare l’impensabile e soddisfare le esigenze prestazionali dei migliori atleti del mondo. Siamo fieri di aiutarli ad esprimere tutto il loro potenziale, a trasformare in realtà i loro sogni. La loro assoluta dedizione e la ferrea disciplina che si impongono continueranno a essere per noi modello d’ispirazione perché solo con un impegno senza riserve potremo essere effettivamente al servizio di chi ha l’audacia e il coraggio di scrivere la storia anziché accontentarsi di stare a guardare”, ha concluso Bowers.

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